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    L'ALBA DI DOMANI COMPLETO

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    Messaggio  JTKIRK Lun Mar 12, 2012 12:39 am

    L'ALBA DI DOMANI DI JTKIRK



    -Il vento spazzava la valle. Che fatica alzarsi di buon'ora per andare a lavorare i campi. E poi per che cosa? Per portare ricchezza al tiranno che viveva nel castello e pretendeva tutti i proventi del nostro lavoro per arricchirsi lasciando ai sudditi solo il minimo per sopravvivere e, a volte, nemmeno quello...
    Giovanni guardava i suoi strumenti di lavoro... Una falce, una vanga, una zappa ed il basto per i buoi con l'aratro. Pensò a come questi strumenti che trasformavano il lavoro dell'uomo in frutti, in ricchezza, benessere, potessero anche essere usati per distruggere ed uccidere.
    Rabbia, ora solo quel sentimento riusciva a scuoterlo. 
    Non c'era più l'amore, non c'era più la compassione. Da quando la moglie ed il figlio erano stati uccisi dai soldati del tiranno, lui provava solo odio e rabbia



    CAPITOLO 2 DI JTKIRK

    CAPITOLO SECONDO
    Giovanni si diresse verso il campo da arare. Improvvisamente la sua attenzione fu catturata da uno strano luccichio proveniente dal terreno. Si avvicinò a quella che sembrava una sfera di metallo fumante.
    Impugnò la vanga e la sollevò sopra la sua testa. Lentamente si portò ad un passo da quello strano oggetto.
    Qualcosa si mosse dalla superficie della sfera. Quello che sembrava uno sportello, lentamente si sollevò.
    Una piccola figura grigia sollevò una esile mano dal portello.
    "Chi sei! Cosa ci fai nel mio campo!" gridò Giovanni brandendo la vanga
    "Aiutami..." una voce gli parlò direttamente nella testa. Spaventato Giovanni spalancò la bocca ma non uscì alcun suono.
    "Aiutami... Ti prego. Portami in un luogo sicuro. Per favore"
    Giovanni restò immobile. Per la prima volta dopo tanto tempo provò compassione. Raccolse la sfera con entrambe le mani e la caricò sul carretto. Poi prese la strada di casa, deciso a nascondere la sfera ed il suo piccolo passeggero nel capanno degli attrezzi.
    "Grazie" disse la vocina nella testa, "saprò ripagarti del tuo aiuto", "ci vorrebbe un miracolo piccolo amico..." disse Giovanni". "I miracoli avvengono, basta saperli creare" rispose la vocina.
    Mentre apriva la porta del capanno, sentì un rumore di passi sul selciato. Si voltò coprendo di fretta la sfera con il sacco di juta.
    "Ciao Giovanni!" gli fece Nicola, il suo vicino di podere, "come mai non sei ancora sui campi? Il sole é già abbastanza alto nel cielo". "nemmeno tu sei al lavoro..." rispose Giovanni. "che cosa porti nella rimessa?" continuò Nicola, "forse ti occorre aiuto?". "No non ti preoccupare. Torno subito al campo" e così dicendo spinse il carretto nella rimessa e richiuse bene la porta dirigendosi nuovamente al lavoro.
    "Grazie amico... " sussurrò la voce nella sua testa.


    il "cameo" di GuitarClaudio

    "Uff, che palle!" sbuffò spazientito Johnny davanti alla tv, stravaccato sul divano e morto di noia, mentre guardava il primo episodio de "L'alba di domani" convinto dal bombardamento mediatico della massiccia campagna di lancio della fiction.
    "Muori, Giovanni: psciuuuummm!!!" esclamò facendo il verso di un raggio laser, mentre con un gesto plateale di braccio e telecomando spegneva bruscamente la tv. Il monitor si oscurò di botto, lasciando solo un piccolo puntino bianco al centro del televisore, che via via diventava sempre più piccolo, fino a sparire del tutto con un inconsueto rumore di risucchio che Johnny lì per lì classificò come normale.
    E ora? Aveva il pomeriggio e la casa a disposizione, visto che i suoi erano usciti a sbrigare non ricordava bene cosa, ma lui di questa improvvisa ed inaspettata libertà proprio non sapeva che farsene. Velocemente archiviata la speranza di passare una mezz'oretta alla tv, giocherellò un po' col suo iPhone, gettandolo con malcelata grazia sul divano solo pochi secondi dopo. Di intrigarsi delle facebookiane faccende altrui proprio non ne aveva voglia, valutò quindi l'ipotesi di fare un po' di skate per strada, anche se la mattinata era stata uggiosa. Chissà, forse le nuvole erano state sopraffatte dal sole, o forse il vento, che ora sentiva soffiare con vigore, aveva spazzato via il maltempo. Fece per scostare la tenda, e quel che vide lo lasciò basito. Non c'era il residence, non c'erano i palazzi, il cortile, le strade, tutto quello che faceva parte del paesaggio consueto dal suo appartamento al piano terra. Al loro posto, una vasta distesa di campi coltivati alternati a erba verdissima, punteggiata qua e la da modeste casette molto malmesse, ognuna col suo orticello attorno. In lontananza, nella parte alta di quella che sembrava una gigantesca vallata, un enorme castello medievale si stagliava tetro contro il cielo pomeridiano.
    "Ma cosa cazz..." Johnny era sgomento. Dapprima pensò ad un scherzo. Ma uno scherzo di chi? No, impossibile. Poi si convinse che aveva avuto una visione.
    "Ora chiudo gli occhi, e quando li riapro tutto torna come prima, tutto torna come prima, come prima". Strizzava forte forte le palpebre come a cancellare il panorama che fino a pochi secondi prima gli aveva riempito la vista, ed ora non aveva il coraggio di riaprirle. "Giuro che smetto di drinkare limoncello di nascosto dopo pranzo, lo giuro! Ora però apro gli occhi e tutto torna a posto, sono solo un po’ ubriaco...". Riaprì piano piano gli occhi, e quando riuscì a mettere nuovamente a fuoco, si accorse che la valle era sempre lì davanti ai suoi occhi.
    "Oh, no, cazzo cazzo cazzissimo!"
    Si portò le mani alla testa, si tirò i capelli e cominciò a schiaffeggiarsi, con l'unico risultato di diventare paonazzo. Andò in bagno e mise la faccia sotto l'acqua gelida per un tempo che gli sembrò interminabile. Poi, ancora fradicio, si avvicinò alla finestrella del bagno con i vetri opachi, che aprì con cautela, temendo ciò che si poteva celare dietro. Campi di grano, colline verdi, e quel maledetto castello.
    Corse alla finestra dall'altro lato della casa e scostò le tende di botto: verde a perdita d'occhio.
    "Cos'è, un incubo cromatico? Cazzo, cazzo, cazzissimo!" e corse fuori casa a constatare di persona. La sua ingenua mente di ragazzino si illudeva che la causa di tutta quella follia fosse da addebitarsi a quel bicchierino di limoncello ghiacciato che si era tracannato di nascosto, e sperava sempre che i suoi sensi, annebbiati dall'alcool e dalla noia, gli stessero giocando un brutto tiro. Aprì l'uscio di casa e si ritrovò in mezzo ad una tempesta di vento, i piedi che calpestavano l'erba verdissima, più reale di qualsiasi altra cosa su cui avesse mai camminato. Un botto alle sue spalle lo fece sobbalzare.
    "Oh no, la porta! Sono rimasto chiuso fuori!" disse tastandosi le tasche dei jeans giusto per confermare quello che temeva: non aveva le chiavi addosso. Ma quando si girò verso l’entrata di casa sua per poco perse i sensi. Il palazzo non esisteva più. C'era solo una rimessa, ed accanto quattro mura che a stento si tenevano in piedi. E la cosa più assurda, più folle, era che tutto quello che vedeva gli sembrava essere un fortissimo deja vu. Quel posto lui l'aveva visto, ma dove? Quando realizzò, cominciò a sudare freddo: in tv, solo pochi minuti prima, in quella pallosissima fiction!



    Capitolo Terzo

    Johnny tremava. Non era il limoncello o l'acqua fredda del lavandino: era paura e... Freddo!Vestito come era in casa, con una tuta e delle ciabatte, in quel posto spazzato da un vento gelido stava letteralmente congelando.
    "Ed ora dove vado?" pensò.
    Non nella casa: ad occhio non sembrava il suo tempo; aveva tutta l'idea di essere un paesaggio rurale del medioevo o giù di lì e, si sa, in quei tempi la gente non era molto socievole con gli stranieri, specialmente se vestiti eccentricamente. Come minimo rischiava di essere messo al rogo.
    No, meglio dirigersi verso la rimessa.
    Aprì la porta. Un cigolio riempì la stanza e sentì qualcosa muoversi all'interno.
    "C'è nessuno?" bisbigliò.
    Ma non udì alcun suono. Avvertiva, però, uno strano senso di pesantezza nella testa, come se qualcosa stesse leggendo i suoi pensieri. Con piccoli passi si avvicinò ad un mucchio di stracci che giaceva accanto ad una grossa balla di fieno. "EEEEEEttccciùù!!!" starnutì poderosamente. "Mannaggia l'Allergia! Così mi scopriranno di sicuro, dovrò trovare un altro riparo o qui dentro mi lacrimerò anche l'anima!" pensò Johnny.
    "Stai tranquillo, ora ti passerà." Disse una voce che parlava direttamente nella sua testa. Oddio! Sono diventato matto... Il limoncello é scaduto e questo é l'effetto allucinogeno. Sento le voci nella testa ma... Perché ora non starnutisco più? Respiro bene e non mi lacrimano gli occhi. Chi é stato? Cosa..." e mentre pensava questo Johnny col piede inciampò in una corda che, spostandosi, fece scivolare una parte degli stracci ammonticchiati. Una sfera grigia apparve da sotto il mucchio. Una lieve luminescenza sembrava provenire dal suo interno. Miiiiii! E questo cosa é?", pensò Johnny.
    Giovanni era sui campi intento al suo lavoro. la testa continuamente andava a quel piccolo esserino nella sfera e non riusciva a concentrarsi.
    "Perché l'ho portato con me? Ho già tanti guai io ci manca pure quello strano demone venuto da chissà dove che forse, anzi sicuramente, mi darà ancora altri grattacapi", pensava.
    "Oggi non ti va proprio di lavorare eh???" lo apostrofò Nicola "Stamattina andavi bighellonando col tuo carretto invece di stare qui, chissà cosa riportavi indietro...", continuava con tono malizioso mentre le guardie a cavallo tenevano d'occhio la scena.
    "Nicola, ma che stai dicendo?", sibilò Giovanni guardandolo storto.
    "Niente, niente, eh eh!" continuò Nicola con tono canzonatorio.
    Giovanni voltò le spalle e si diresse verso il gruppo degli altri braccianti.
    Alice, Sebastiano e Leonora erano lì, come sempre, intenti al solito, duro, logorante lavoro. Ma non gli negavano mai un sorriso.
    "Giovanni, un sorso di vino?" disse Sebastiano. "Grazie, ne ho bisogno con 'sto freddo"
    "Ho sentito Nicola che faceva quelle battute davanti alle guardie. Ora ci stanno a guardare. E' un po' che osservo Nicola. Da qualche mese é cambiato. Lo sapevi che la moglie lo aveva denunciato per maltrattamenti ed invece é andata a finire lei in prigione?" disse Alice sottovoce.
    "Giovanna? In prigione?" trasalì Giovanni
    Giovanna era la sorella della sua povera moglie. Si volevano bene come fratello e sorella, essendo cresciuti insieme. Quando lui aveva sposato Alessandra, la sorella più piccola, il loro legame era diventato ancora più forte.
    Ma da quando Giovanna aveva sposato Nicola, lei era cambiata. Era diventata chiusa, alle volte sembrava che evitasse persino di parlare a suo cognato. Da un po' di tempo a questa parte non aveva avuto più notizie di lei ed ora ecco che apprende che Nicola aveva fatto rinchiudere la moglie.
    La giornata lavorativa, al calare del sole, terminò.
    Tutti i braccianti, raccolte le loro cose, si recarono dal borgomastro a consegnare gli attrezzi ed a far pesare quello che era stato prodotto.
    Quasi tutto andava al padrone, al Tiranno. Poco restava a loro e con quel poco dovevano pensare a sfamare le loro famiglie.
    Giovanni tornò a casa, come tutte le sere. Era quasi buio e notò una tremante lucina provenire dalla finestra della rimessa.
    Balzò giù dal carro e, brandendo il forcone, entrò dentro.
    Trasalì vedendo un piccolo esserino grigio dormire in braccio ad uno strano ragazzo vestito in maniera assai eccentrica...
    In quel momento pensò a suo figlio. Abbassò il forcone e si avvicinò piano facendo attenzione a non svegliarli.
    Prese una vecchia coperta e li coprì, spense il piccolo lume che avevano acceso ai piedi del mucchio di paglia dove si erano messi ed uscì per andare a prendere qualcosa da mangiare e da bere.
    Mentre ritornava da casa verso la rimessa, percepì dei rumori provenire da dietro il capanno.
    Corse dentro e svegliò il ragazzo.
    "Svegliati, svegliati!!" gli sussurrò "c'è qualcuno fuori, devi correre dentro. Porta il nostro amico... Le domande ce le faremo dopo ora sbrigati!"
    Presero una piccola porticina di fianco la rimessa e, con l'esserino grigio ancora addormentato sulle spalle di Johnny, uscirono fuori e corsero in casa passando dalla porta del retro.
    "Presto, entriamo dentro" disse Nicola invitando due spilungoni che erano con lui a varcare la soglia della rimessa di Giovanni.
    "ma non c'è nessuno" disse uno di loro "ci avevi detto che Giovanni nascondeva qualcuno"
    "guardate qui! questo cos'è???" esclamò Nicola indicando la sfera grigia. "Portiamola con noi".
    Presero la sfera ed uscirono dalla rimessa.
    Giovanni dalla finestra di casa aveva visto i tre uomini uscire, riconobbe Nicola ed una smorfia di disgusto attraversò il suo viso. "Quel verme" pensò.
    "Ora mi dici dove mi trovo?" disse Johnny
    "Piuttosto dimmi tu chi sei e da dove vieni! E cosa ci facevi nella mia rimessa!" disse Giovanni
    "A me lo chiedi? Io che ne so? Stavo vedendo la Tv e mi sono ritrovato in questo incubo medievale. Comunque io mi chiamo Johnny. Grazie per avermi salvato."
    "Tv? E che cosa é la TV?? Io sono Giovanni e questa é la terra del Signore di Noctumbria, il nostro Tiranno. Non ringraziarmi, piuttosto cerca di non mettermi nei guai e cambiati quei vestiti che sembrano usciti dal guardaroba di un giullare! Nella stanza di là ci stanno gli abiti del mio povero figlio. Mettiti qualcosa che ti vada bene.
    Gli faceva tenerezza quel ragazzo. Era tanto che non provava tenerezza e compassione; da quando aveva incontrato quel piccolo esserino grigio stava riscoprendo sentimenti che pensava non gli appartenessero più.
    Con quegli occhi grandi verdi, il piccolo esserino lo stava guardando. Ora era sveglio e Giovanni lo aveva messo a sedere su di una poltrona. Era grande quanto il cuscino e ci si perdeva quasi, ma nella testa di Giovanni percepiva come un senso di benessere e di gratitudine.
    "Chi sei e da dove vieni?" gli domandò Giovanni.
    "Io sono Shran" rispose la voce nella sua testa, "il mio mondo é molto lontano, lassù tra le stelle. Sono un viaggiatore e la mia nave, quella sfera grigia dove mi hai trovato, ha avuto un guasto e sono precipitato qui nel vostro pianeta. Tu ed il ragazzo mi avete aiutato ed io saprò ricompensarvi, ora ho bisogno di riparare il mio veicolo per riprendere la mia strada. Voglio tornare a casa."
    "Mio piccolo amico" disse Giovanni, "non capisco molto cosa dici... Un altro mondo, viaggi tra. le stelle... Tutto questo va oltre la mia immaginazione. Vorrei aiutarti tanto, ma la tua nave o... cosa, é stata rubata da degli uomini che sono entrati nella rimessa dove stavi prima addormentato in braccio al ragazzo. Non so come potrò recuperarla, quelli sono uomini del Tiranno e sarà impossibile avvicinarsi al castello senza rimetterci la pelle. Temo che dovrai restare qui tra di noi, mi dispiace. Ma non temere, io avrò cura di te."
    "Giovanni" disse la voce, "ti chiami così vero? Vi aiuterò io. Cerca di radunare più gente che puoi ed io farò il resto. Non temere. Fammi riavere la mia nave ed io la riparerò. Vi sono riconoscente ed avrete tutto quello che vi serve da me."
    "Ma sei un piccolo esserino indifeso!" esclamò Giovanni prendendo il piccolo alieno tra le braccia, "come potrai aiutarci tu?"
    "Devi avere fiducia. Giovanni é tempo che tu abbia fiducia. Prendi quel tavolo ed alzalo prendendolo per una gamba."
    "Ma sei matto?" rispose Giovanni, "è un tavolo ricavato da un tronco di una quercia secolare, ci sono voluti tre uomini per portarlo qui!"
    "Prendi il tavolo ed alzalo da una gamba." insistette il piccolo essere.
    Giovanni posò Shran sul divano e, scuotendo la testa, si avvicinò al tavolo. Impugnò la gamba con la mano e... Senza alcuno sforzo il tavolo si sollevò fin sopra la sua testa.
    Spaventato Giovanni lo riposò giù violentemente e si girò verso Shran.
    "Come é possibile! Io non posso averlo fatto da solo! Tu... Tu sei un mago, sei uno stregone!"
    "No Giovanni, quella forza é in te. Non sapevi di averla ed io ho insegnato alla tua mente ad usarla. Tutto qui. Mi aiuterai adesso?"
    "Aiutalo Maciste!" esclamò Johnny che, nel frattempo, si era cambiato ed aveva assistito alla scena; "Quello é capace di cose che nemmeno ci immaginiamo... Fico!!!! Lo voglio fare pure io!"
    Giovanni, impaurito, guardava Johnny e guardava Shran. Poi disse: "io vado a chiamare a chiamare qualche amico. Restate qui e tu Johnny o come diamine ti chiami, stai attento a Shran e se vedi pericolo, nascondilo. E non ti mettere a sfasciare la casa per provare la tua forza bruta!"
    Così dicendo indossò il mantello ed uscì con un sorriso sul volto che da tanti, troppi anni, non aveva più avuto.

    Nicola ed i suoi complici erano davanti al portale del Castello.
    "Che vuoi a quest'ora?" lo apostrofò il comandante della guardia.
    "Devo parlare col Tiranno, é urgente"
    "Ma sei matto o cosa? Lo sai che non parla con voi plebei, la sera poi ha da fare!"
    "Questa la deve vedere... Digli che ci sta qui Nicola, lui capirà"
    Il soldato chiamò a se uno delle guardie e gli diede degli ordini.
    Dopo qualche minuto lo stesso ritornò, tutto trafelato.
    "Potete passare" fece il comandante della guardia, "Dio solo sa cosa hai da dire tu al tiranno..."
    Nicola e gli altri, trainando un piccolo carro, arrivarono fino al cortile del palazzo. Lì il Tiranno li stava aspettando, circondato da soldati.
    "Allora, cosa sei riuscito a portarmi Contadino?" esclamò
    "Mio Signore, ecco cosa Giovanni nascondeva nella sua rimessa" e così dicendo scoprì una sfera metallica che stava sul carretto.
    "Questa sfera é fatta di un materiale sconosciuto. Io non ho mai visto un metallo così resistente ed al tempo stesso così leggero. Non so se é un arma o qualche altra diavoleria, ma ho visto che Giovanni la nascondeva con cura. Forse colui a cui appartiene vorrà riprenderla e noi riusciremo a strappare un lauto riscatto. Che ne dice mio Signore?"
    "Forse é solo ciarpame, tu che ne dici bifolco???" sghignazzò Aginulfo, uno degli sgherri del Tiranno.
    "Forse il buzzurro qui ha ragione" esclamò il Tiranno. "Se é così preziosa come dici ben presto qualcuno verrà a reclamarla e noi chiederemo un lauto guiderdone. Ma se nessuno verrà a riprendersela entro due giorni, allora, mio caro Nicola, tu sarai passato per il filo della mia spada, insieme ai tuoi stolti compari. Guardie! Portate questa feccia nelle segrete! E mettete questa sfera nei miei alloggi!".

    Giovanni raggiunse Alice e Sebastiano. Raccontò loro di quello che era successo in casa e di come quel piccolo esserino grigio era riuscito a fargli sollevare il tavolo di quercia.
    Li pregò di radunare tutti gli altri e di venire a a casa sua.
    Una inconsueta febbre, un ardore lo invadeva. Parlava come un leader, infervorato, di rivoluzione e di come questo visitatore poteva servire la loro causa.
    Alice e Sebastiano avevano paura che Giovanni fosse impazzito, forse a causa del troppo dolore e della troppa solitudine; lo accompagnarono a casa e, con la scusa di andare a radunare gli altri, incaricarono Leonora di chiamare il Dottore e di farlo andare a casa di Giovanni.
    "Eccoci arrivati!" esclamò Giovanni eccitato, "Ora vedrete di cosa é capace il mio ospite!"
    Sebastiano annuì.
    Entrarono in casa e videro uno strano ragazzo camminare a testa in giù dal soffitto.
    Alice per poco non svenne. Sebastiano restò a bocca aperta, mentre Giovanni apostrofava Johnny: "Ehi ragazzo! Ti avevo detto di non combinare guai in mia assenza!"
    "Giovanni! E' fichissimo! io ho pensato: quasi quasi voglio togliere quel chiodo dalla trave del soffitto e, con un salto, mi sono ritrovato quassù! Ahò 'sto alieno é un fenomeno!"
    "Alieno? Che vai dicendo? Scendi subito!" lo sgridò Giovanni.
    "Agli ordini!" e, così dicendo, il ragazzo scese proprio davanti ad una pallida Alice ed ad uno sbigottito Sebastiano.
    "Che vi avevo detto?" disse Giovanni, "basta pensare una cosa e si é in grado di farla... Io non so come faccia ma é così".
    "Ma dove sta?" chiese Sebastiano.
    "Eccomi" fece una voce nelle loro teste. "sono sotto la coperta nella poltrona. So che non mi farete del male, siete brave persone e leggo nei vostri cuori la compassione. Io ho bisogno del vostro aiuto per rimettermi in viaggio verso il mio mondo. In cambio vi aiuterò a liberare la vostra contea dall'oppressione del Tiranno. Ma dovremo essere in tanti. Ed io devo recuperare la mia nave. Quella piccola sfera di metallo che é stata rubata dalla rimessa."
    "Oh mio Dio..." Esclamò Alice cadendo a terra, "ora sento anche le voci nella testa..."
    "Tranquilla, lui parla così. E l'abbiamo sentito tutti" le rispose Giovanni. "Questo é Johnny. Anche lui é sbucato da chissà dove. E' un ragazzo. Non so da dove venga ma ora é qui e ci prenderemo cura di lui."
    Una strana energia invadeva Giovanni. Una forza ed una voglia di fare che non sentiva più da tanto tempo, da quando aveva perso la sua amata moglie ed il suo adorato figlio. Ora, di nuovo dopo tanto tempo, sentiva di poter fare qualcosa per qualcuno: per il piccolo visitatore grigio, per quello strano ragazzo, per i suoi amici.
    Entrarono Leonora ed il Dottore.
    Pensavano di trovare una scena diversa ed invece videro Giovanni, Alice, Sebastiano, uno strano ragazzo ed un piccolo esserino grigio, seduti in cerchio a ridere.

    "Ma come faremo ad entrare nel castello ed a sopraffare le guardie?" esclamò Renato, il Dottore.
    "Pensa ad una cosa che vuoi fare" gli rispose Johnny, "una cosa qualsiasi e vedrai"
    "io vorrei un bicchiere di vino..." rispose il Dottore scherzando; ma, subito, un bicchiede dal tavolo volò verso di lui posandosi davanti alla sua mano.
    "Eh?" fece il Dottore, "E'una stregoneria forse?"
    "no" fece la voce nelle loro teste. "io leggo i vostri pensieri e riesco ad indirizzare la vostra volontà verso gli oggetti. Tutto questo mi costa fatica però ed ora vorrei riposare. Io vi aiuterò a sconfiggere il tiranno. Basterà che andiamo tutti sotto le mura del palazzo ed al resto penserò io. Voi mi aiuterete a riprendere la mia nave ed io partirò verso casa. Ora vi chiedo di farmi rifocillare perché sono stanco. Ho solo bisogno di acqua e della luce del sole. Domani notte vi condurrò alla vostra vittoria. Più saremo più forza avremo"

    La mattina dopo, come al solito, tutti andarono al lavoro. non si vedeva Nicola, ne gli altri due tangheri soliti accompagnarsi a lui; "non é una gran perdita" pensò Giovanni, mentre si recava nei campi insieme a Leonora e Sebastiano. Ma erano diversi, oggi.
    Oggi sorridevano.

    Giunse la sera.
    Coma al solito raccolti gli attrezzi, andarono tutti dal Commissario a portare il loro tributo, quindi rincasarono.
    Al castello l'atmosfera era serena. Il Tiranno ed Aginulfo stavano banchettando circondati da giullari e musici.
    "Senti un pò," fece il Tiranno al suo tirapiedi, "quasi quasi vado a fare una visitina alla nostra prigioniera, la moglie del bifolco che ci ha portato la sfera. E'una bella pollastrella e stasera ho voglia proprio di divertirmi!"
    "Ha! ha! ha! Mio Signore tu sì che sai come spassartela! Beato te!" Sgignazzò Aginulfo brandendo un cosciotto di pollo.

    I cittadini, guidati da Giovanni e da Johnny, marciavano verso il palazzo. In una bisaccia sulle spalle di Giovanni, il piccolo esserino grigio, con le sue mani, gli sfregava la nuca.
    "Pensa che ce la farai e niente ti sarà impossibile" mormorava la voce nella sua testa.
    "ma come faremo ad entrare?" pensò Giovanni
    "Pensa di farlo e lo farai" rispose la voce.

    "Fermi! Cosa volete bifolchi!" li fermò il comandante della guardia.
    "Stai zitto rospo..." pensò Johnny e... Improvvisamente il comandante della guardia si portò le mani al collo rantolando senza riuscire a pronunciare alcun suono intellegibile.
    "Disarmatevi!" pensò Giovanni e di colpo tutte le armi della guardie volarono via delle loro mani e si posarono davanti ai cittadini.
    Questi, impugnate le lance e le spade, gridando come delle furie si avventarono contro le guardie che, disarmate e spaventate, si diedero a gambe mentre l'orda inferocita faceva schiantare a terra il portale.

    Aginulfo sentì il frastuono provenire dal cortile e si affacciò. Vide terrorizzato l'orda dei cittadini riversarsi nella piazza d'armi senza trovare alcuna resistenza. Ordinò alle guardie di seguirlo ed, impugnata la spada, si precipitò giù.
    Giovanni, Johnny e Sebastiano corsero verso il salone del castello. Incontrarono la guarnigione comandata da Aginulfo.
    "Gettate le armi e vi sarà risparmiata la vita!" ordinò loro
    "Giammai! Stolto cosa pensate di fare voi siete in tre e noi siamo dieci volte tanti" lo schernì Aginulfo.
    Johnny, Sebastiano e Giovanni pensarono e le spade delle guardie si levarono contro i soldati facendoli a pezzi.
    Aginulfo, trafitto dalla sua stessa daga, si rivolse con un rantolo a Giovanni: "stregoneria... Siete posseduti... Brucerete all'INFERNO!"
    "Non é ancora il momento di incontrarci lì, verme. Vammi a scaldare il posto! Ricordi quando hai ucciso mia moglie e mio figlio? Bene ora é giunta l'ora di restituirti il favore!" e così dicendo Giovanni con una pedata lo spinse giù per le scale.
    Entrarono nel salone ma del Tiranno non vi era traccia.
    Sentirono delle urla provenire dal sotterraneo. "Giovanna!" esclamò Sebastiano. "Corriamo nelle segrete e liberiamola! Presto!"

    Il Tiranno era dentro la cella di Giovanna. Con la mano le tappava la bocca mentre cercava, con l'altra di strapparle i vestiti di dosso. Ma la ragazza scalciava e mordeva ed il Tiranno era costretto a mollare la presa per poi sferrarle dei sonori schiaffoni che gettavano la donna in terra.
    In quel momento giunsero Giovanni, Johnny e Sebastiano.
    Giovanni stava per gettarsi addosso al Tiranno ma la voce dentro la sua testa gli disse: "Basta! Hai avuto la tua vendetta! Ora basta uccidere! E'un piccolo uomo e merita di essere quello che é!"
    Improvvisamente il Tiranno divenne minuscolo come un topolino. Giovanna si rialzò lo prese in mano e mentre il piccolo Tiranno squittiva parole incomprensibili, la donna sbottò a ridere in maniera irrefrenabile. Poi gettò il piccolo Tiranno in terra e, mentre stava per schiacciarlo col piede, sentì come una forza che teneva la suola della sua scarpa lontano dal Tiranno.
    "Ho detto basta uccidere! Resterà così e vivrà nelle fogne dove é giusto che stia!" disse la voce nelle loro teste. "Ora aiutatemi a trovare la mia nave".

    Tutto il popolo era a castello. Il Tiranno sconfitto ed i suoi sgherri si erano arresi. La gente festeggiava e ballava ed il castello era illuminato a festa.
    Giovanni era davanti alla sfera insieme a Johnny ed a Giovanna.
    "Come farai a ripartire? Non é danneggiata la tua nave?" disse Giovanna.
    "No, funzionerà" rispose la voce. "Voi mi avete dato asilo e mi avete fatto riprendere le forze e se io sono in forze la nave volerà verso il mio mondo. Anche io ho una famiglia da ritrovare ed é grazie a voi che potrò farlo."
    "Ma tu ci hai liberato da Tiranno!" disse Giovanni.
    "é stata la vostra volontà a sconfiggere il tiranno", rispose la voce. "Non dimenticatevi che nulla é impossibile per chi vuole. Avreste vinto anche senza di me. E' tempo che vada amici."
    e così dicendo entrò nella sfera e questa, sollevatasi in aria, schizzò veloce verso le stelle.
    Giovanni, Johnny e Giovanna restarono un po a guardare in su, poi Johnny disse: "Ed io ora che faccio? Questo non é nemmeno il mio mondo e tantomeno il mio tempo..."
    "Puoi restare con me, potrai vivere a casa mia, di spazio ne ho tanto... " disse Giovanni
    "Un uomo da solo non può accudire un ragazzo" disse Giovanna guardando il cognato;
    "andiamo a casa" fece Giovanni.

    Mentre tornavano una luce avvolse Johnny; "Che succede! Cazzarola! OOOOOoooooohhhhh!!!" furono le ultime cose che sentirono da lui. In un lampo sparì.

    Johnny si risvegliò sul suo divano di casa. La tv spenta e la scodella coi popcorn nel tavolino da fumo davanti a lui, vuota.
    Accanto due lattine di birra finite gli facevano immaginare una serata rutto libero e popcorn conclusasi con una sonora bevuta.
    Ma che strano sogno aveva fatto... Sentiva come uno strano calore nel cuore. Si alzò e raccolse tutte le cose che stavano sparpagliate per la stanza.
    Per la prima volta nella sua vita rimise tutto in ordine. Poi andò in camera sua ed aprì il diario.
    "Cazzarola devo finire i compiti!" e così esclamando si mise a tavolino a studiare chimica, la materia che più odiava ma della quale l'indomani ci sarebbe stato il compito in classe.
    Sentì aprire la porta. Era suo padre che rientrava dal lavoro.
    Fu sorpreso di non trovarlo a bighellonare sul divano a guardare la tv od a giocare con qualche gioco sparatutto. Fu ancora più sorpreso quando Johnny gli corse incontro abbracciandolo e dicendogli "Ciao Papà! Bentornato a casa!"

    Giovanni e Giovanna erano seduti sulla veranda della casa di Giovanni. Guardavano le stelle e si chiedevano chi mai fosse stato quel piccolo esserino grigio che li aveva aiutati a liberarsi dal Tiranno.
    "Chissà quale é la sua stella" sospirò Giovanna
    "Che storia incredibile" fece Giovanni, "fino a stamattina eravamo oppressi e non riuscivamo ad immaginare alcun futuro per noi ed invece ora..."
    Giovanna gli prese la mano e la baciò
    Si guardarono negli occhi e si abbracciarono.
    "Ora abbiamo un futuro da costruire" sussurrò Giovanna sfiorandogli le labbra e, prima di baciarlo, aggiunse: "ma ci penseremo all'alba di domani".






      La data/ora di oggi è Dom Ott 06, 2024 8:06 am