Prologo
Il vento spazzava la valle. Che fatica alzarsi di buon'ora per andare a lavorare i campi. E poi per che cosa? Per portare ricchezza al tiranno che viveva nel castello e pretendeva tutti i proventi del lavoro, lasciando ai sudditi solo il minimo per sopravvivere e, a volte, nemmeno quello...
PRIMO CAPITOLO
Era già l'alba e Sebastiano ancora non era uscito di casa. Da quando l'incendio gli aveva distrutto il raccolto, non aveva più voglia di andare a lavorare. Gli rimaneva un solo campo da mietere e già sapeva che quel poco che ne avrebbe ricavato, una volta soddisfatte le pretese del tiranno, non gli sarebbe bastato per vivere...
Il ragazzo, rimpiangendo di esser nato servo, si fece forza e uscì spalancando l'uscio. Il cappello, mal calcato per la fretta, gli volò subito via e l'uscio cominciò a sbattere per il forte vento. Cercando di seguire con lo sguardo dove se ne stava finendo il berretto fece per richiudere la porta, ma nel voltarsi calpestò il pettine del rastrello che gli si stampò in faccia con violenza. Si portò le mani al naso e l'uscio gli sbattè contro, facendogli perdere l'equilibrio. Cadde imprecando sui sassi, sbucciandosi ginocchia e mani.
Fu proprio in quel momento che, accecato dal dolore ma non sordo, udì una carrozza fermarsi davanti alla sua umile dimora....
CAMEO DI NAPLES
Da quella carrozza scese un personaggio squallido, con i tratti del viso così tirati da incutere terrore al solo guardarlo. . Due suoi tirapiedi, neri e grifagni, afferrarono per le braccia il povero contadino. - Tu sei Sebastiano da Acerenza?-. Un “sì” tremante uscì dalla bocca del ragazzo. - Siamo venuti a riscuotere il balzello sui tuoi raccolti…-. - Ma… quali raccolti? Il granaio è bruciato una settimana fa… - . - Allora - replicò l'esattore con un ghigno orrendo, aprendo una pergamena - per decreto di Sua Signoria Corrado, Unico Signore incontrastato di questa valle, la tua casa servirà ad onorare il tuo debito… e tu marcirai in galera!-
- Maledetti! Maledetti! Siete stati voi a bruciarmi il granaio! Maledetti!-. Sebastiano fece per avventarsi contro il perfido incaricato del re, ma le guardie lo fermarono scagliandolo contro il muro e tramortendolo all’istante. - Portate via questo sacco di letame - fece sprezzante ai suoi tirapiedi quell’orribile uomo, risalendo sulla carrozza, mentre la gente delle case vicine osservava atterrita da dietro le finestre ben chiuse. D'improvviso, però, una freccia colpì in pieno petto il primo crucco, che crollò stecchito al suolo con un gemito soffocato. - Ma che dia…- non finì la frase il secondo che la sua gola fu recisa dalla lama di un pugnale. L’esattore si affacciò dalla carrozza, ma fu subito scaraventato per terra dall’arciere e dal secondo assalitore, entrambi a volto coperto. Fece per difendersi ma la furia omicida imperversò anche su di lui e un’unica coltellata al cuore lo uccise sul colpo. - Portiamo via la carrozza ed i cadaveri!- soggiunse l’arciere. - E tu vattene!- urlò l’altro a Sebastiano. - sei libero, ma ritorneranno!. Il ragazzo, paralizzato dal terrore, fece “sì” col capo, mentre la carrozza si allontanava e la gente usciva dalle case guardandola andar via, incerta tra la speranza di un’insurrezione e la paura della reazione che ci sarebbe stata.
SECONDO CAPITOLO
Sebastiano, ancora stordito, guardò prima la carrozza allontanarsi e poi la casa che avrebbe dovuto abbandonare. Da qualunque parte si voltava vedeva solo problemi, problemi irrisolvibili. Tremando decise di andare dall'unica persona al villaggio di cui si fidava.
-Rosettaaa! Ci sei? - la chiamò da sotto la finestra. Gli risposero un paio di oche, che gli andarono incontro minacciose cercando di allontanare l'intruso dal cortiletto. Il villaggio era famoso per le oche di rara bellezza che ci vivevano; per questo, dalla notte dei tempi, tutti lo chiamavano Gooselander.
Il ragazzo stava per andarsene via deluso quando la vide arrivare con il cesto della spesa. Gli si illuminarono subito gli occhi, a Rosetta voleva bene come a una sorella. Erano cresciuti insieme da quando lui, a sei anni, aveva perso entrambi i genitori.- Sebastiano, che fai in giro, devi scappare! - gli disse subito Rosetta, che ne veniva dal mercato e aveva sentito di tutto quello che gli era accaduto.
- Ma dove posso andare... non ho un posto dove rifugiarmi...- . Sperava di sentirsi offrire subito riparo e ospitalità ma lei invece gli sussurrò:
- Oh povero amico mio, vai a rifugiarti nel bosco ma stai attento a non camminare sul sentiero! Vedrai che qualcuno si farà vivo e ti aiuterà, ci sono tanti nostri compaesani che si nascondono lì e c'è anche Leonora, la nipote del re che avevamo una volta, te la ricordi, vero?-. E, senza aspettare la sua risposta, si tolse svelta il grembiule e lo riempì a mo' di sacco con tutto quello che aveva nel cestino: - Prendi, qui hai da mangiare per almeno due giorni, ti basterà. Vai, presto, e tienti nascosto! -
Dopo averla ringraziata malamente per via della delusione che gli stringeva la gola, Sebastiano legò il fagotto a un bastone e, tenendolo tristemente in spalla, si avviò guardingo verso il bosco, senza mai voltarsi indietro. Mano mano che gli alberi si infittivano, la luce del sole veniva meno e il povero ragazzo cominciava a spaventarsi ad ogni fruscio di foglia tanto che, per guardarsi indietro all'ennesimo rumore, inciampò in una radice e cadde. Quando fece per rialzarsi un uomo, sbucato dal nulla e dalle spalle larghe il doppio delle sue, gli sbarrava il passo.
Fiducioso che fosse uno dei compaesani che si nascondevano nel bosco, pronti ad aiutarlo come gli aveva spiegato Rosetta, Sebastiano gli rivelò subito il suo nome e gli chiese aiuto per nascondersi dal tiranno. Lo sconosciuto gli rispose tranquillizzandolo con un: - Ceeerto, seguimi - e, prendendolo rudemente per un braccio, lo condusse in direzione opposta a quella del bosco. Il giovane, sentendosi finalmente in salvo lo seguì senza far storie. Raggiunta una piccola radura vide, nascosto dietro un'enorme quercia, un carro trainato da due bei cavalli neri con un uomo armato seduto in cassetta. Il suo nuovo amico lo fece salire sul retro e Sebastiano ne fu veramente felice, cominciava ad essere stanco di tutto quel camminare e le scarpe, già bucate, si erano rotte anche in punta. Grande però fu il suo stupore quando, partiti i cavalli al galoppo, quello che credeva suo compaesano improvvisamente gli legò i polsi saldamente al carro. Lo stupore si tramutò velocemente in disperazione quando capì che il carro si stava dirigendo di gran carriera verso... il castello!
TERZO CAPITOLO
Rinchiuso in uno stanzone freddo e buio, in attesa che il tiranno tornasse e decidesse cosa fare di lui, Sebastiano non faceva altro che darsi dello stupido per essersi fidato del primo che aveva incontrato nel bosco.
Ad un certo punto, però, i suoi lamenti furono interrotti da un guaire ripetuto, che proveniva da una catasta di legna e da alcuni sacchi di patate ammucchiati in un angolo. Incuriosito si avvicinò. Con le mani ancora legate gli era difficile spostare i legni e aveva paura che lo potessero accusare di aver rubato qualcosa, se lo avessero sorpreso a frugare lì in mezzo, ma poiché i guaiti continuavano spostò una trave e si accorse con stupore che uno dei sacchi si muoveva. Slegò a fatica i lacci che lo chiudevano e dall’apertura sbucò subito il muso di un cane che prese a leccargli la faccia. – Fermo, fermo. Non mi ringraziare, non sei fuori dai guai! – disse intanto che il cane balzava fuori scodinzolando a più non posso. - Ma chi mai può essere stato così cattivo da imprigionarti in questo modo? – si chiese mentre faceva per annodare di nuovo i lacci . Il cane lo fermò morsicandolo piano alle mani e insinuò il muso nel sacco mugolando. - Che c’è? Che hai? Vuoi forse tornare dentro? - Diede un’occhiata, in fondo c’era ancora qualcosa … - Ma per la miseria! – esclamò stupito Sebastiano – c’è un cucciolo qui dentro! E’ il tuo? - Lo tirò fuori, non si muoveva. Gli strofinò energicamente il pelo sperando di vederlo reagire, ma quel piccolo esserino sembrava ormai senza vita. Lo posò delicatamente a terra e la cagnetta provò a rianimarlo leccandolo per benino. Il cucciolo improvvisamente si riprese e, ancora ad occhi chiusi, cercò di ciucciare un po’ di latte.
Rassicurato nel vedere che quel batuffolo biondo e morbidissimo stava bene, Sebastiano riaffondò nei suoi tristi pensieri:
- Bel guaio, bel guaio! – si disperò – Mi faranno pagare anche questa! -
La cagnetta, un bellissimo cane da caccia dal manto pezzato color fango, lo guardò come se capisse quello che diceva e prese a mordergli le corde che gli stringevano i polsi. In poco tempo fu libero.
- Eh… e adesso cosa ti credi di aver fatto? Di qui non si esce!! – fece il ragazzo, massaggiandosi i polsi. Ma la cagnetta dallo sguardo dolce e intelligentissimo andò verso la legna e abbaiò piano.
-Che c’è? Secondo te mi posso nascondere sotto la legna? – la rimbrottò Sebastiano, che proprio piccolo non era. Si avvicinò però al lato della catasta verso cui il segugio puntava con così tanta decisione e, guardando con attenzione sotto tutta la legna, intravide una botola. Esitò un attimo poi si fece spazio spostando alcune travi e provò ad aprirla.
Soltanto un legno faceva da serratura e in poco tempo il ragazzo riuscì a spalancarla. Dalla botola si arrivava ai bordi del fossato pieno d’acqua che correva tutto intorno al castello.
La paura lo bloccò all’istante, in paese si diceva che in quelle acque vivevano mostri ferocissimi che divoravano tutto quello che ci cadeva dentro.
La cagnetta intanto aveva preso delicatamente in bocca il cucciolo e lo aveva spostato vicino al bordo dell’apertura sperando che il ragazzo si decidesse a scendere. Sapeva che, senza il suo aiuto, non sarebbe riuscita a portare in salvo il suo piccolo .
In quel momento Sebastiano sentì dei rumori e capì che se non si fosse sbrigato, presto le cose per lui sarebbero andate a finir male, molto male. Nessuno tornava vivo dalle prigioni del castello. Un altro rumore, dei passi. Sebastiano si fece coraggio, prese il cucciolo e se lo infilò al petto, dentro la blusa di lana. Poi si calò dalla botola, sprofondando fin quasi alle ginocchia nell’acqua gelida. La cagnetta lo imitò all’istante.
QUARTO CAPITOLO
Avevano guadato il fiumiciattolo quasi volando. Strani luccichii,che a Sebastiano erano sembrati tanti piccoli occhi, li avevano inseguiti a pelo d'acqua fino all'altra sponda. Un po' per la paura e un po' per approfittare del buio, avevano proseguito la loro fuga per tutta la notte senza mai guardarsi indietro, addentrandosi prima nell'erba alta e poi nel bosco. Si erano fermati solo un paio di volte per permettere al cucciolo di ciucciare un po' di latte dalla sua mamma e avevano superato almeno un paio di colline. La cagnetta sembrava saper dove andare e Sebastiano la seguiva senza far storie. Era stanco, aveva freddo, fame e voleva allontanarsi il più possibile dal castello del tiranno. Era quasi l'alba quando improvvisamente gli alberi fitti del bosco rivelarono una siepe altissima nascosta tra i rovi. Senza alcuna esitazione la cagnetta ci si infilò in mezzo, svelando uno stretto passaggio che anche Sebastiano riuscì ad attraversare senza ferirsi. Oltre la siepe, gli alberi cominciarono a diradarsi mostrando, in fondo alla valle, un piccolo paese ancora addormentato. Sebastiano era sorpreso, perché più si avvicinava e più il paese gli sembrava familiare. Ad un certo punto la cagnetta prese a correre e si diresse verso un maniero molto grande e cintato, mettendosi nel frattempo ad abbaiare. Il ragazzo provò a chiamarla, a zittirla, ma lei non smetteva. Corse a nascondersi dietro a un albero ma il tronco gli sembrò troppo sottile, così si accucciò svelto dietro a un sasso senza accorgersi che era grande la metà di lui.
Come temeva, il rumore aveva svegliato gli abitanti del maniero e in un attimo vennero accesi lumi dappertutto. Mentre una guardia apriva il cancello per uscire a controllare, la cagnetta si precipitò dentro al giardino andando subito a grattare con foga contro la porta del palazzo. Subito l'uscio si spalancò e una ragazza dai lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle si inginocchiò per abbracciarla mentre diceva: -Padre, venite presto! E' tornata Lionella!!! -
La cagnetta non sapeva più come fare le feste a tutti e due ma quando fecero per chiudere la porta accogliendola in casa, lei sgusciò fuori e, abbaiando a più non posso, raggiunse Sebastiano.
- Shhhhh... zitta, ti prego non farmi scoprire! Mi restituiranno al tiranno! - ma ormai la guardia li aveva raggiunti e gli stava facendo segno di alzarsi.
- Lasciatemi andare, non ho fatto nulla - e tirò fuori il cucciolo pensando che la cagnolina abbaiasse per riavere il suo piccolo.
- Papà..... c'è anche Lino! - disse felice la ragazza, appena lo vide.
Lionella prese delicatamente in bocca il suo piccolo e lo portò orgogliosa e scodinzolante alla sua padroncina.
- Siete tornati, miei adorati - ripeteva commossa la ragazza accarezzandoli e sbaciucchiandoli. Intanto il padre, rivolgendosi a Sebastiano fece:
- Prego, entra nella mia casa. Vorrei che tu mi raccontassi dove hai trovato i miei cani e chi sei tu.
Sebastiano, tenendo il capo chino, lo seguì intimorito; entrarono in un salone grandissimo dove un camino enorme lavorava a tutta forza. Il nobile lo fece accomodare e chiamò subito un servo, ordinandogli di portare a tutti, compresa Lionella, una ricca colazione. Riscaldato dal fuoco e rifocillato da tutto il ben di Dio che il servo continuava a portargli, Sebastiano trovò la forza di parlare e di raccontare la triste avventura che aveva unito il suo destino a quello di Lionella.
Dopo averlo ascoltato attentamente, il nobile disse, adirato:
- Dunque i miei cani son stati rapiti dagli uomini del Signorotto che regna sulla valle vicina alla mia! – . Poi, con voce più pacata, prese a spiegargli: - Devi sapere che appena due settimane fa Lionella ha partorito i suoi primi cuccioli, quattro in tutto. Purtroppo i piccoli, dopo pochissimo tempo, hanno preso a morire uno dopo l’altro, colpiti da una strana malattia che ha contagiato anche la loro madre. Così ho portato Lionella, con l’ultimo piccolo ancora vivo, da una bravissima guaritrice che sta sulla montagna al confine con il mio regno. Ero d’accordo con quella maga che sarei andato a riprenderli alcuni giorni più tardi ma, la notte dopo, alcuni briganti li hanno rapiti, rubando anche tutto quello che c’era nel rifugio di questa mia cara amica. Lionella era troppo debole per reagire… e la maga si era allontanata per andare a raccogliere delle erbe al chiaror della luna. E ora vengo a sapere da te che i miei amati cani erano finiti al Castello, e destinati a morire in un sacco… Purtroppo, da quando il trono di Gooselander è stato usurpato da Rodolfo, non c'è stata più pace nella valle da cui vieni tu. E quando, alla sua morte, gli è succeduto il figlio Corrado, per tutti voi è andata ancora peggio! Ma - aggiunse sospirando tristemente - questa è una storia molto lunga e te la racconterò un'altra volta.-
Si fermò un attimo a riflettere, poi continuò riconoscente: - Senza il tuo aiuto Leonilla e il suo piccolo non avrebbero mai potuto ritornare da noi e la mia unica figlia, Leonilde, non avrebbe mai più smesso di piangere la loro morte. In cambio di tutto quello che hai fatto per noi voglio aiutarti. Poiché mi hai detto di non aver più nessuno al mondo, ti regalerò una piccola casa e un po' di terra e potrai vivere degnamente e al sicuro nel mio regno per tutta la vita se vorrai.-
Sebastiano sgranò gli occhi, una tal fortuna mai, mai gli era capitata in vita sua
QUINTO CAPITOLO
Il sole era già alto nel cielo quando Sebastiano fu accompagnato da Leonilde alla sua nuova casa.
Avviandosi con lei verso il paese, si voltò a dare uno sguardo indietro e si accorse che quello che nella notte gli era sembrato un maniero imponente era in realtà un castello, un castello dall’aria vagamente familiare.
Stupito alquanto, allungò il passo per raggiungere la ragazza ma subito fu attirato da un altro particolare che lo costrinse di nuovo a fermarsi.
La baracca del suo amico Kirk, il falegname di Gooselander, era lì davanti ai suoi occhi!!! Se li stropicciò per benino ma la falegnameria rimase lì. E a fianco… a fianco c’era la bottega di Guitar il maniscalco! E in fondo alla stradina... ma sì... quella era la chiesetta di Fra Tot!!!!! Preso da uno strano presentimento girò l’angolo e di corsa s’infilò nel vicolo a destra.
Sbucò nella piazzetta e lì… c’era la casa di Rosetta!!! - Rosettaaaaaa! -urlò - sono io, Sebastiano! Ma che diavoleria è mai questa? – Le imposte al primo piano si aprirono ed una giovane domestica si affacciò al cortiletto. – Io sono Nadine, bel giovine. E qui abita la mia Signora, Donna Cetti Dalla Pietra. Non conosciamo nessuna Rosetta. E ora vai via – lo minacciò sorridendo - o slego il cane! –
Nel frattempo Leonilde lo aveva raggiunto e dolcemente gli disse: - Mio povero amico, non disperare non sei impazzito, ora ti spiego.
E la ragazza cominciò a raccontargli della strana storia del regno in cui era capitato che, gli rivelò con orgoglio, si chiamava Lionlander.
Tanti anni prima Rofradio, Re di Gooselander, era stato avvelenato dagli uomini di suo cugino Rodolfo, che voleva usurpargli il trono. Nel frattempo il suo unico figlio, Leonistide, era stato rapito da una banda di briganti che aveva l'ordine di ucciderlo per estinguere la discendenza del Re. Il ragazzo, però, facendosi credere morto dopo essere stato colpito da uno di loro, era riuscito a fuggire. Ferito e allo stremo delle forze, era stato trovato da una donna che viveva in una caverna sulla montagna. Questa donna era bravissima a curare con le erbe qualsiasi malattia, tanto che chi la conosceva la chiamava "la maga", e lo aveva salvato. Quando, dopo mesi, Leonistide si era completamente ripreso, Katrina la maga gli aveva suggerito di non scappare più. Non lo avrebbero mai cercato, gli aveva detto, così vicino al regno usurpato al re suo padre. Poi lo aveva invitato a seguirla e, attraverso uno stretto passaggio, gli aveva mostrato la valle disabitata che stava ai piedi della montagna dove lei viveva. E gli aveva dato un’altra idea.
E così – continuò a raccontare Leonilde ad un Sebastiano sempre più stupito mano mano che riconosceva altre case e altre botteghe – così Leonistide, che altri non era che mio padre, anche se ora si fa chiamare Leon, andò a cercare nei boschi gli uomini che lì si nascondevano dal Tiranno e, facendosi riconoscere, li convinceva senza fatica a trasferirsi a vivere con lui. Fu in questo modo che, poco alla volta, ricostruì, in questa valle nascosta ed inaccessibile, il suo regno. E, seguendo il suggerimento della maga, lo fece costruire tale e quale al paese che gli era stato usurpato. Case, botteghe, ponti, stradine, piazzette, persino il castello, tutto venne fatto uguale a come era a Gooselander.
Sebastiano rimase impressionato dalla storia ma ancor più rimase impressionato appena vide la casa che il re gli aveva donato. Uguale alla sua di un tempo, quella che i briganti del Tiranno gli avevano sottratto.
Anzi no, si disse soddisfatto, questa casa è robusta e ha un tetto solido senza buchi. E i campi e l’orto non sono stati bruciati!!
Si inginocchiò davanti a Leonilde e la ringraziò a lungo.
Via via – fece la ragazza invitandolo ad alzarsi – Tu hai salvato la vita alla mia Lionella e al suo piccolo! Questo è il minimo per ringraziarti! – e se ne andò lasciandolo padrone della sua nuova dimora.
Dentro casa c’era da mangiare in abbondanza e non mancavano né coperte, né piatti. Il fuoco nel camino era già acceso. Sebastiano si guardò intorno, avrebbe dovuto sentirsi felice, eppure si sentiva inquieto e... solo.
Pensò a Rosetta e ai suoi amici e capì che non poteva lasciarli in balia del Tiranno. Nessuno di loro sapeva dell’esistenza del regno di Leon. Solo chi, fuggendo, si avventurava da questa parte del bosco, veniva intercettato dalle guardie di Leon e invitato a cambiare paese. E non poteva tornare a raccontarlo a nessuno. Chi – pensò sconsolato Sebastiano - si era rifugiato nei boschi a Nord, come Leonora e tanti altri suoi amici, mai sarebbe arrivato qui, mai avrebbe saputo!
Doveva avvisarli.
SESTO CAPITOLO
Aveva passato la notte chiedendosi come fare ad andarsene senza offendere chi gli aveva dato tanto. Sapeva che re Leon vietava a tutti quelli che avevano visto il suo regno di lasciarlo. Capiva che se il Tiranno di Gooselander avesse mai saputo di Lionlander sarebbe partito subito con tutti i suoi soldati per distruggerlo e sapeva che il nuovo regno non era ancora così forte da resistere a un attacco, dunque sarebbe stata la fine.
Eppure… eppure doveva far qualcosa. Con il berretto in mano e a capo chino, la mattina dopo si presentò al castello e chiese di essere ricevuto dal re.
Leon lo ascoltò con attenzione. Poi disse con voce grave: - Re Corrado è ancora troppo forte e io ho raccolto tanta brava gente ma ho pochi guerrieri.- Si fermò a riflettere, poi continuò: - Inoltre il Tiranno deve ormai sospettare qualcosa; i cani che mi sono stati rapiti quando li ho lasciati alle cure di Katrina la maga, avevano il mio stemma regale impresso nel collare e sono tornati senza, dunque... E sia, Sebastiano. Andrai ad avvisare chi si è rifugiato nei boschi a Nord e li porterai da me. Se stanno organizzando una rivolta per destituire il Tiranno io li aiuterò. E troveremo il modo di avvisare Rosetta e gli altri paesani.
Si alzò, imponente, e chiamò: – Lionella! –. La cagnetta arrivò subito e scodinzolò al Re. – Accompagna Sebastiano al passaggio segreto. Ogni alba, per tre giorni, andrai dalla siepe ad aspettare il suo ritorno e mi avviserai non appena lo sentirai!
Lionella non se lo fece ripetere due volte e si mise sull’uscio ad aspettare Sebastiano. A mezzogiorno il ragazzo era già così lontano da Lionlander da non riuscire più nemmeno a sentire i rintocchi della campana della chiesa. Rabbrividì quando, all’imbrunire, scorse in lontananza il castello di Corrado, il perfido erede di Rodolfo. Proseguì fino a notte verso i boschi a nord del paese, badando bene a non cadere di nuovo nelle braccia dei tirapiedi del Tiranno, poi si fece un
giaciglio coprendosi con tante foglie secche per riposarsi un pochino.
La mattina dopo uno strano rumore lo svegliò, fece per alzarsi in piedi ma rimase intrappolato in una rete che gli era stata buttata addosso. Cominciò a divincolarsi, urlando: - Lasciatemi, sono Sebastiano! – e chiamò, con tutta la voce che aveva, l’unica persona che conosceva e che Rosetta gli aveva detto nascondersi nel bosco: - Leonoraaaaaaaaaaaa!!-.
- Chi mi cerca? Questa voce la conosco! – rispose subito una squillante voce femminile.
La donna che arrivò di corsa al suo richiamo sembrava più una guerriera che la dolce Leonora che Sebastiano si ricordava ma indubbiamente era proprio lei. - Sebastiano! Sei riuscito a fuggire dal Castello? – fece lei con voce incredula.
Mentre gli altri lo liberavano dalla rete, Sebastiano raccontò la sua avventura. Non aveva mai parlato così tanto come in quell’ultimo periodo e, quando finì, si accorse che nessuno fiatava.
Discussero per tutto il giorno, c’era chi non si fidava, chi non gli credeva, chi gli chiedeva se a Lionlander avesse trovato rifugio questo o quel parente scomparso dal villaggio….
Ma al calar della notte la decisione era stata presa: avrebbero seguito Sebastiano e avrebbero aiutato Re Leon a riprendersi il trono.
All’alba partirono in silenzio. Formavano una lunga fila che diventava sempre più lunga man mano che altra gente, nascosta in altri boschi, si univa a loro. La voce intanto era arrivata al villaggio e al calar della nuova notte gli abitanti uscirono guardinghi e silenziosi dalle loro case, dirigendosi verso il bosco per unirsi a Leonora e ai suoi.
Tutti insieme, c'era anche Rosetta che subito aveva raggiunto Sebastiano per camminare al suo fianco, scalarono colline e attraversarono nuovi boschi. All’alba giunsero nei pressi della siepe ma il passaggio era invisibile. Allora Sebastiano chiamò piano: - Lionella! Lionellaaaaaaaa! -
Immediatamente sentirono l’abbaiare gioioso del cane che li diresse all’apertura nascosta. Ai piedi del pendio, Re Leon, avvisato da Lionella, li stava già aspettando.
Grande fu il suo stupore quando vide la fiumana di gente che scendeva verso la sua valle. C’erano tutti gli abitanti di Gooselander, con i loro cavalli e cani e pecore!!!
A Lionlander quel giorno fu festa indimenticabile. Ognuno scoprì di avere una casa ad attenderlo, uguale a quella che aveva lasciato e pronta ad accoglierlo. E grande fu la felicità di tutti nel ritrovare il loro legittimo re.
Guardando tutta la sua gente che, serena, si sistemava nelle nuove case, Re Leon capì che non ci sarebbe stato bisogno di combattere per riavere il suo regno. Lui aveva già il suo regno, era lì, era quello, c’erano tutti!!!!
Quella sera stessa volle ricompensare ufficialmente Sebastiano, nominandolo cavaliere. E, riconoscendo in Leonora la cuginetta con cui era cresciuto insieme alla corte di suo padre, la invitò a vivere al castello con tutti gli onori, restituendole tutto ciò che era stato tolto a lei e alla sua famiglia quando Rodolfo aveva usurpato il trono.
E Gooselander?
Quando, la mattina dopo, il Tiranno si svegliò scoprì che in paese non era rimasto nessuno, se non i suoi briganti. Non c’era più nessuno da tiranneggiare, nessuno a cui rubare il raccolto.
Uscì dalla reggia per capire che fare ma le oche, che intanto si erano organizzate, lo attaccarono e costrinsero lui e i suoi sgherri a lasciare il paese!
Così Gooselander tornò alle oche, Corrado il Tiranno sta scappando ancora adesso e a Lionlander tutti vissero per sempre felici e contenti!!!
Il vento spazzava la valle. Che fatica alzarsi di buon'ora per andare a lavorare i campi. E poi per che cosa? Per portare ricchezza al tiranno che viveva nel castello e pretendeva tutti i proventi del lavoro, lasciando ai sudditi solo il minimo per sopravvivere e, a volte, nemmeno quello...
PRIMO CAPITOLO
Era già l'alba e Sebastiano ancora non era uscito di casa. Da quando l'incendio gli aveva distrutto il raccolto, non aveva più voglia di andare a lavorare. Gli rimaneva un solo campo da mietere e già sapeva che quel poco che ne avrebbe ricavato, una volta soddisfatte le pretese del tiranno, non gli sarebbe bastato per vivere...
Il ragazzo, rimpiangendo di esser nato servo, si fece forza e uscì spalancando l'uscio. Il cappello, mal calcato per la fretta, gli volò subito via e l'uscio cominciò a sbattere per il forte vento. Cercando di seguire con lo sguardo dove se ne stava finendo il berretto fece per richiudere la porta, ma nel voltarsi calpestò il pettine del rastrello che gli si stampò in faccia con violenza. Si portò le mani al naso e l'uscio gli sbattè contro, facendogli perdere l'equilibrio. Cadde imprecando sui sassi, sbucciandosi ginocchia e mani.
Fu proprio in quel momento che, accecato dal dolore ma non sordo, udì una carrozza fermarsi davanti alla sua umile dimora....
CAMEO DI NAPLES
Da quella carrozza scese un personaggio squallido, con i tratti del viso così tirati da incutere terrore al solo guardarlo. . Due suoi tirapiedi, neri e grifagni, afferrarono per le braccia il povero contadino. - Tu sei Sebastiano da Acerenza?-. Un “sì” tremante uscì dalla bocca del ragazzo. - Siamo venuti a riscuotere il balzello sui tuoi raccolti…-. - Ma… quali raccolti? Il granaio è bruciato una settimana fa… - . - Allora - replicò l'esattore con un ghigno orrendo, aprendo una pergamena - per decreto di Sua Signoria Corrado, Unico Signore incontrastato di questa valle, la tua casa servirà ad onorare il tuo debito… e tu marcirai in galera!-
- Maledetti! Maledetti! Siete stati voi a bruciarmi il granaio! Maledetti!-. Sebastiano fece per avventarsi contro il perfido incaricato del re, ma le guardie lo fermarono scagliandolo contro il muro e tramortendolo all’istante. - Portate via questo sacco di letame - fece sprezzante ai suoi tirapiedi quell’orribile uomo, risalendo sulla carrozza, mentre la gente delle case vicine osservava atterrita da dietro le finestre ben chiuse. D'improvviso, però, una freccia colpì in pieno petto il primo crucco, che crollò stecchito al suolo con un gemito soffocato. - Ma che dia…- non finì la frase il secondo che la sua gola fu recisa dalla lama di un pugnale. L’esattore si affacciò dalla carrozza, ma fu subito scaraventato per terra dall’arciere e dal secondo assalitore, entrambi a volto coperto. Fece per difendersi ma la furia omicida imperversò anche su di lui e un’unica coltellata al cuore lo uccise sul colpo. - Portiamo via la carrozza ed i cadaveri!- soggiunse l’arciere. - E tu vattene!- urlò l’altro a Sebastiano. - sei libero, ma ritorneranno!. Il ragazzo, paralizzato dal terrore, fece “sì” col capo, mentre la carrozza si allontanava e la gente usciva dalle case guardandola andar via, incerta tra la speranza di un’insurrezione e la paura della reazione che ci sarebbe stata.
SECONDO CAPITOLO
Sebastiano, ancora stordito, guardò prima la carrozza allontanarsi e poi la casa che avrebbe dovuto abbandonare. Da qualunque parte si voltava vedeva solo problemi, problemi irrisolvibili. Tremando decise di andare dall'unica persona al villaggio di cui si fidava.
-Rosettaaa! Ci sei? - la chiamò da sotto la finestra. Gli risposero un paio di oche, che gli andarono incontro minacciose cercando di allontanare l'intruso dal cortiletto. Il villaggio era famoso per le oche di rara bellezza che ci vivevano; per questo, dalla notte dei tempi, tutti lo chiamavano Gooselander.
Il ragazzo stava per andarsene via deluso quando la vide arrivare con il cesto della spesa. Gli si illuminarono subito gli occhi, a Rosetta voleva bene come a una sorella. Erano cresciuti insieme da quando lui, a sei anni, aveva perso entrambi i genitori.- Sebastiano, che fai in giro, devi scappare! - gli disse subito Rosetta, che ne veniva dal mercato e aveva sentito di tutto quello che gli era accaduto.
- Ma dove posso andare... non ho un posto dove rifugiarmi...- . Sperava di sentirsi offrire subito riparo e ospitalità ma lei invece gli sussurrò:
- Oh povero amico mio, vai a rifugiarti nel bosco ma stai attento a non camminare sul sentiero! Vedrai che qualcuno si farà vivo e ti aiuterà, ci sono tanti nostri compaesani che si nascondono lì e c'è anche Leonora, la nipote del re che avevamo una volta, te la ricordi, vero?-. E, senza aspettare la sua risposta, si tolse svelta il grembiule e lo riempì a mo' di sacco con tutto quello che aveva nel cestino: - Prendi, qui hai da mangiare per almeno due giorni, ti basterà. Vai, presto, e tienti nascosto! -
Dopo averla ringraziata malamente per via della delusione che gli stringeva la gola, Sebastiano legò il fagotto a un bastone e, tenendolo tristemente in spalla, si avviò guardingo verso il bosco, senza mai voltarsi indietro. Mano mano che gli alberi si infittivano, la luce del sole veniva meno e il povero ragazzo cominciava a spaventarsi ad ogni fruscio di foglia tanto che, per guardarsi indietro all'ennesimo rumore, inciampò in una radice e cadde. Quando fece per rialzarsi un uomo, sbucato dal nulla e dalle spalle larghe il doppio delle sue, gli sbarrava il passo.
Fiducioso che fosse uno dei compaesani che si nascondevano nel bosco, pronti ad aiutarlo come gli aveva spiegato Rosetta, Sebastiano gli rivelò subito il suo nome e gli chiese aiuto per nascondersi dal tiranno. Lo sconosciuto gli rispose tranquillizzandolo con un: - Ceeerto, seguimi - e, prendendolo rudemente per un braccio, lo condusse in direzione opposta a quella del bosco. Il giovane, sentendosi finalmente in salvo lo seguì senza far storie. Raggiunta una piccola radura vide, nascosto dietro un'enorme quercia, un carro trainato da due bei cavalli neri con un uomo armato seduto in cassetta. Il suo nuovo amico lo fece salire sul retro e Sebastiano ne fu veramente felice, cominciava ad essere stanco di tutto quel camminare e le scarpe, già bucate, si erano rotte anche in punta. Grande però fu il suo stupore quando, partiti i cavalli al galoppo, quello che credeva suo compaesano improvvisamente gli legò i polsi saldamente al carro. Lo stupore si tramutò velocemente in disperazione quando capì che il carro si stava dirigendo di gran carriera verso... il castello!
TERZO CAPITOLO
Rinchiuso in uno stanzone freddo e buio, in attesa che il tiranno tornasse e decidesse cosa fare di lui, Sebastiano non faceva altro che darsi dello stupido per essersi fidato del primo che aveva incontrato nel bosco.
Ad un certo punto, però, i suoi lamenti furono interrotti da un guaire ripetuto, che proveniva da una catasta di legna e da alcuni sacchi di patate ammucchiati in un angolo. Incuriosito si avvicinò. Con le mani ancora legate gli era difficile spostare i legni e aveva paura che lo potessero accusare di aver rubato qualcosa, se lo avessero sorpreso a frugare lì in mezzo, ma poiché i guaiti continuavano spostò una trave e si accorse con stupore che uno dei sacchi si muoveva. Slegò a fatica i lacci che lo chiudevano e dall’apertura sbucò subito il muso di un cane che prese a leccargli la faccia. – Fermo, fermo. Non mi ringraziare, non sei fuori dai guai! – disse intanto che il cane balzava fuori scodinzolando a più non posso. - Ma chi mai può essere stato così cattivo da imprigionarti in questo modo? – si chiese mentre faceva per annodare di nuovo i lacci . Il cane lo fermò morsicandolo piano alle mani e insinuò il muso nel sacco mugolando. - Che c’è? Che hai? Vuoi forse tornare dentro? - Diede un’occhiata, in fondo c’era ancora qualcosa … - Ma per la miseria! – esclamò stupito Sebastiano – c’è un cucciolo qui dentro! E’ il tuo? - Lo tirò fuori, non si muoveva. Gli strofinò energicamente il pelo sperando di vederlo reagire, ma quel piccolo esserino sembrava ormai senza vita. Lo posò delicatamente a terra e la cagnetta provò a rianimarlo leccandolo per benino. Il cucciolo improvvisamente si riprese e, ancora ad occhi chiusi, cercò di ciucciare un po’ di latte.
Rassicurato nel vedere che quel batuffolo biondo e morbidissimo stava bene, Sebastiano riaffondò nei suoi tristi pensieri:
- Bel guaio, bel guaio! – si disperò – Mi faranno pagare anche questa! -
La cagnetta, un bellissimo cane da caccia dal manto pezzato color fango, lo guardò come se capisse quello che diceva e prese a mordergli le corde che gli stringevano i polsi. In poco tempo fu libero.
- Eh… e adesso cosa ti credi di aver fatto? Di qui non si esce!! – fece il ragazzo, massaggiandosi i polsi. Ma la cagnetta dallo sguardo dolce e intelligentissimo andò verso la legna e abbaiò piano.
-Che c’è? Secondo te mi posso nascondere sotto la legna? – la rimbrottò Sebastiano, che proprio piccolo non era. Si avvicinò però al lato della catasta verso cui il segugio puntava con così tanta decisione e, guardando con attenzione sotto tutta la legna, intravide una botola. Esitò un attimo poi si fece spazio spostando alcune travi e provò ad aprirla.
Soltanto un legno faceva da serratura e in poco tempo il ragazzo riuscì a spalancarla. Dalla botola si arrivava ai bordi del fossato pieno d’acqua che correva tutto intorno al castello.
La paura lo bloccò all’istante, in paese si diceva che in quelle acque vivevano mostri ferocissimi che divoravano tutto quello che ci cadeva dentro.
La cagnetta intanto aveva preso delicatamente in bocca il cucciolo e lo aveva spostato vicino al bordo dell’apertura sperando che il ragazzo si decidesse a scendere. Sapeva che, senza il suo aiuto, non sarebbe riuscita a portare in salvo il suo piccolo .
In quel momento Sebastiano sentì dei rumori e capì che se non si fosse sbrigato, presto le cose per lui sarebbero andate a finir male, molto male. Nessuno tornava vivo dalle prigioni del castello. Un altro rumore, dei passi. Sebastiano si fece coraggio, prese il cucciolo e se lo infilò al petto, dentro la blusa di lana. Poi si calò dalla botola, sprofondando fin quasi alle ginocchia nell’acqua gelida. La cagnetta lo imitò all’istante.
QUARTO CAPITOLO
Avevano guadato il fiumiciattolo quasi volando. Strani luccichii,che a Sebastiano erano sembrati tanti piccoli occhi, li avevano inseguiti a pelo d'acqua fino all'altra sponda. Un po' per la paura e un po' per approfittare del buio, avevano proseguito la loro fuga per tutta la notte senza mai guardarsi indietro, addentrandosi prima nell'erba alta e poi nel bosco. Si erano fermati solo un paio di volte per permettere al cucciolo di ciucciare un po' di latte dalla sua mamma e avevano superato almeno un paio di colline. La cagnetta sembrava saper dove andare e Sebastiano la seguiva senza far storie. Era stanco, aveva freddo, fame e voleva allontanarsi il più possibile dal castello del tiranno. Era quasi l'alba quando improvvisamente gli alberi fitti del bosco rivelarono una siepe altissima nascosta tra i rovi. Senza alcuna esitazione la cagnetta ci si infilò in mezzo, svelando uno stretto passaggio che anche Sebastiano riuscì ad attraversare senza ferirsi. Oltre la siepe, gli alberi cominciarono a diradarsi mostrando, in fondo alla valle, un piccolo paese ancora addormentato. Sebastiano era sorpreso, perché più si avvicinava e più il paese gli sembrava familiare. Ad un certo punto la cagnetta prese a correre e si diresse verso un maniero molto grande e cintato, mettendosi nel frattempo ad abbaiare. Il ragazzo provò a chiamarla, a zittirla, ma lei non smetteva. Corse a nascondersi dietro a un albero ma il tronco gli sembrò troppo sottile, così si accucciò svelto dietro a un sasso senza accorgersi che era grande la metà di lui.
Come temeva, il rumore aveva svegliato gli abitanti del maniero e in un attimo vennero accesi lumi dappertutto. Mentre una guardia apriva il cancello per uscire a controllare, la cagnetta si precipitò dentro al giardino andando subito a grattare con foga contro la porta del palazzo. Subito l'uscio si spalancò e una ragazza dai lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle si inginocchiò per abbracciarla mentre diceva: -Padre, venite presto! E' tornata Lionella!!! -
La cagnetta non sapeva più come fare le feste a tutti e due ma quando fecero per chiudere la porta accogliendola in casa, lei sgusciò fuori e, abbaiando a più non posso, raggiunse Sebastiano.
- Shhhhh... zitta, ti prego non farmi scoprire! Mi restituiranno al tiranno! - ma ormai la guardia li aveva raggiunti e gli stava facendo segno di alzarsi.
- Lasciatemi andare, non ho fatto nulla - e tirò fuori il cucciolo pensando che la cagnolina abbaiasse per riavere il suo piccolo.
- Papà..... c'è anche Lino! - disse felice la ragazza, appena lo vide.
Lionella prese delicatamente in bocca il suo piccolo e lo portò orgogliosa e scodinzolante alla sua padroncina.
- Siete tornati, miei adorati - ripeteva commossa la ragazza accarezzandoli e sbaciucchiandoli. Intanto il padre, rivolgendosi a Sebastiano fece:
- Prego, entra nella mia casa. Vorrei che tu mi raccontassi dove hai trovato i miei cani e chi sei tu.
Sebastiano, tenendo il capo chino, lo seguì intimorito; entrarono in un salone grandissimo dove un camino enorme lavorava a tutta forza. Il nobile lo fece accomodare e chiamò subito un servo, ordinandogli di portare a tutti, compresa Lionella, una ricca colazione. Riscaldato dal fuoco e rifocillato da tutto il ben di Dio che il servo continuava a portargli, Sebastiano trovò la forza di parlare e di raccontare la triste avventura che aveva unito il suo destino a quello di Lionella.
Dopo averlo ascoltato attentamente, il nobile disse, adirato:
- Dunque i miei cani son stati rapiti dagli uomini del Signorotto che regna sulla valle vicina alla mia! – . Poi, con voce più pacata, prese a spiegargli: - Devi sapere che appena due settimane fa Lionella ha partorito i suoi primi cuccioli, quattro in tutto. Purtroppo i piccoli, dopo pochissimo tempo, hanno preso a morire uno dopo l’altro, colpiti da una strana malattia che ha contagiato anche la loro madre. Così ho portato Lionella, con l’ultimo piccolo ancora vivo, da una bravissima guaritrice che sta sulla montagna al confine con il mio regno. Ero d’accordo con quella maga che sarei andato a riprenderli alcuni giorni più tardi ma, la notte dopo, alcuni briganti li hanno rapiti, rubando anche tutto quello che c’era nel rifugio di questa mia cara amica. Lionella era troppo debole per reagire… e la maga si era allontanata per andare a raccogliere delle erbe al chiaror della luna. E ora vengo a sapere da te che i miei amati cani erano finiti al Castello, e destinati a morire in un sacco… Purtroppo, da quando il trono di Gooselander è stato usurpato da Rodolfo, non c'è stata più pace nella valle da cui vieni tu. E quando, alla sua morte, gli è succeduto il figlio Corrado, per tutti voi è andata ancora peggio! Ma - aggiunse sospirando tristemente - questa è una storia molto lunga e te la racconterò un'altra volta.-
Si fermò un attimo a riflettere, poi continuò riconoscente: - Senza il tuo aiuto Leonilla e il suo piccolo non avrebbero mai potuto ritornare da noi e la mia unica figlia, Leonilde, non avrebbe mai più smesso di piangere la loro morte. In cambio di tutto quello che hai fatto per noi voglio aiutarti. Poiché mi hai detto di non aver più nessuno al mondo, ti regalerò una piccola casa e un po' di terra e potrai vivere degnamente e al sicuro nel mio regno per tutta la vita se vorrai.-
Sebastiano sgranò gli occhi, una tal fortuna mai, mai gli era capitata in vita sua
QUINTO CAPITOLO
Il sole era già alto nel cielo quando Sebastiano fu accompagnato da Leonilde alla sua nuova casa.
Avviandosi con lei verso il paese, si voltò a dare uno sguardo indietro e si accorse che quello che nella notte gli era sembrato un maniero imponente era in realtà un castello, un castello dall’aria vagamente familiare.
Stupito alquanto, allungò il passo per raggiungere la ragazza ma subito fu attirato da un altro particolare che lo costrinse di nuovo a fermarsi.
La baracca del suo amico Kirk, il falegname di Gooselander, era lì davanti ai suoi occhi!!! Se li stropicciò per benino ma la falegnameria rimase lì. E a fianco… a fianco c’era la bottega di Guitar il maniscalco! E in fondo alla stradina... ma sì... quella era la chiesetta di Fra Tot!!!!! Preso da uno strano presentimento girò l’angolo e di corsa s’infilò nel vicolo a destra.
Sbucò nella piazzetta e lì… c’era la casa di Rosetta!!! - Rosettaaaaaa! -urlò - sono io, Sebastiano! Ma che diavoleria è mai questa? – Le imposte al primo piano si aprirono ed una giovane domestica si affacciò al cortiletto. – Io sono Nadine, bel giovine. E qui abita la mia Signora, Donna Cetti Dalla Pietra. Non conosciamo nessuna Rosetta. E ora vai via – lo minacciò sorridendo - o slego il cane! –
Nel frattempo Leonilde lo aveva raggiunto e dolcemente gli disse: - Mio povero amico, non disperare non sei impazzito, ora ti spiego.
E la ragazza cominciò a raccontargli della strana storia del regno in cui era capitato che, gli rivelò con orgoglio, si chiamava Lionlander.
Tanti anni prima Rofradio, Re di Gooselander, era stato avvelenato dagli uomini di suo cugino Rodolfo, che voleva usurpargli il trono. Nel frattempo il suo unico figlio, Leonistide, era stato rapito da una banda di briganti che aveva l'ordine di ucciderlo per estinguere la discendenza del Re. Il ragazzo, però, facendosi credere morto dopo essere stato colpito da uno di loro, era riuscito a fuggire. Ferito e allo stremo delle forze, era stato trovato da una donna che viveva in una caverna sulla montagna. Questa donna era bravissima a curare con le erbe qualsiasi malattia, tanto che chi la conosceva la chiamava "la maga", e lo aveva salvato. Quando, dopo mesi, Leonistide si era completamente ripreso, Katrina la maga gli aveva suggerito di non scappare più. Non lo avrebbero mai cercato, gli aveva detto, così vicino al regno usurpato al re suo padre. Poi lo aveva invitato a seguirla e, attraverso uno stretto passaggio, gli aveva mostrato la valle disabitata che stava ai piedi della montagna dove lei viveva. E gli aveva dato un’altra idea.
E così – continuò a raccontare Leonilde ad un Sebastiano sempre più stupito mano mano che riconosceva altre case e altre botteghe – così Leonistide, che altri non era che mio padre, anche se ora si fa chiamare Leon, andò a cercare nei boschi gli uomini che lì si nascondevano dal Tiranno e, facendosi riconoscere, li convinceva senza fatica a trasferirsi a vivere con lui. Fu in questo modo che, poco alla volta, ricostruì, in questa valle nascosta ed inaccessibile, il suo regno. E, seguendo il suggerimento della maga, lo fece costruire tale e quale al paese che gli era stato usurpato. Case, botteghe, ponti, stradine, piazzette, persino il castello, tutto venne fatto uguale a come era a Gooselander.
Sebastiano rimase impressionato dalla storia ma ancor più rimase impressionato appena vide la casa che il re gli aveva donato. Uguale alla sua di un tempo, quella che i briganti del Tiranno gli avevano sottratto.
Anzi no, si disse soddisfatto, questa casa è robusta e ha un tetto solido senza buchi. E i campi e l’orto non sono stati bruciati!!
Si inginocchiò davanti a Leonilde e la ringraziò a lungo.
Via via – fece la ragazza invitandolo ad alzarsi – Tu hai salvato la vita alla mia Lionella e al suo piccolo! Questo è il minimo per ringraziarti! – e se ne andò lasciandolo padrone della sua nuova dimora.
Dentro casa c’era da mangiare in abbondanza e non mancavano né coperte, né piatti. Il fuoco nel camino era già acceso. Sebastiano si guardò intorno, avrebbe dovuto sentirsi felice, eppure si sentiva inquieto e... solo.
Pensò a Rosetta e ai suoi amici e capì che non poteva lasciarli in balia del Tiranno. Nessuno di loro sapeva dell’esistenza del regno di Leon. Solo chi, fuggendo, si avventurava da questa parte del bosco, veniva intercettato dalle guardie di Leon e invitato a cambiare paese. E non poteva tornare a raccontarlo a nessuno. Chi – pensò sconsolato Sebastiano - si era rifugiato nei boschi a Nord, come Leonora e tanti altri suoi amici, mai sarebbe arrivato qui, mai avrebbe saputo!
Doveva avvisarli.
SESTO CAPITOLO
Aveva passato la notte chiedendosi come fare ad andarsene senza offendere chi gli aveva dato tanto. Sapeva che re Leon vietava a tutti quelli che avevano visto il suo regno di lasciarlo. Capiva che se il Tiranno di Gooselander avesse mai saputo di Lionlander sarebbe partito subito con tutti i suoi soldati per distruggerlo e sapeva che il nuovo regno non era ancora così forte da resistere a un attacco, dunque sarebbe stata la fine.
Eppure… eppure doveva far qualcosa. Con il berretto in mano e a capo chino, la mattina dopo si presentò al castello e chiese di essere ricevuto dal re.
Leon lo ascoltò con attenzione. Poi disse con voce grave: - Re Corrado è ancora troppo forte e io ho raccolto tanta brava gente ma ho pochi guerrieri.- Si fermò a riflettere, poi continuò: - Inoltre il Tiranno deve ormai sospettare qualcosa; i cani che mi sono stati rapiti quando li ho lasciati alle cure di Katrina la maga, avevano il mio stemma regale impresso nel collare e sono tornati senza, dunque... E sia, Sebastiano. Andrai ad avvisare chi si è rifugiato nei boschi a Nord e li porterai da me. Se stanno organizzando una rivolta per destituire il Tiranno io li aiuterò. E troveremo il modo di avvisare Rosetta e gli altri paesani.
Si alzò, imponente, e chiamò: – Lionella! –. La cagnetta arrivò subito e scodinzolò al Re. – Accompagna Sebastiano al passaggio segreto. Ogni alba, per tre giorni, andrai dalla siepe ad aspettare il suo ritorno e mi avviserai non appena lo sentirai!
Lionella non se lo fece ripetere due volte e si mise sull’uscio ad aspettare Sebastiano. A mezzogiorno il ragazzo era già così lontano da Lionlander da non riuscire più nemmeno a sentire i rintocchi della campana della chiesa. Rabbrividì quando, all’imbrunire, scorse in lontananza il castello di Corrado, il perfido erede di Rodolfo. Proseguì fino a notte verso i boschi a nord del paese, badando bene a non cadere di nuovo nelle braccia dei tirapiedi del Tiranno, poi si fece un
giaciglio coprendosi con tante foglie secche per riposarsi un pochino.
La mattina dopo uno strano rumore lo svegliò, fece per alzarsi in piedi ma rimase intrappolato in una rete che gli era stata buttata addosso. Cominciò a divincolarsi, urlando: - Lasciatemi, sono Sebastiano! – e chiamò, con tutta la voce che aveva, l’unica persona che conosceva e che Rosetta gli aveva detto nascondersi nel bosco: - Leonoraaaaaaaaaaaa!!-.
- Chi mi cerca? Questa voce la conosco! – rispose subito una squillante voce femminile.
La donna che arrivò di corsa al suo richiamo sembrava più una guerriera che la dolce Leonora che Sebastiano si ricordava ma indubbiamente era proprio lei. - Sebastiano! Sei riuscito a fuggire dal Castello? – fece lei con voce incredula.
Mentre gli altri lo liberavano dalla rete, Sebastiano raccontò la sua avventura. Non aveva mai parlato così tanto come in quell’ultimo periodo e, quando finì, si accorse che nessuno fiatava.
Discussero per tutto il giorno, c’era chi non si fidava, chi non gli credeva, chi gli chiedeva se a Lionlander avesse trovato rifugio questo o quel parente scomparso dal villaggio….
Ma al calar della notte la decisione era stata presa: avrebbero seguito Sebastiano e avrebbero aiutato Re Leon a riprendersi il trono.
All’alba partirono in silenzio. Formavano una lunga fila che diventava sempre più lunga man mano che altra gente, nascosta in altri boschi, si univa a loro. La voce intanto era arrivata al villaggio e al calar della nuova notte gli abitanti uscirono guardinghi e silenziosi dalle loro case, dirigendosi verso il bosco per unirsi a Leonora e ai suoi.
Tutti insieme, c'era anche Rosetta che subito aveva raggiunto Sebastiano per camminare al suo fianco, scalarono colline e attraversarono nuovi boschi. All’alba giunsero nei pressi della siepe ma il passaggio era invisibile. Allora Sebastiano chiamò piano: - Lionella! Lionellaaaaaaaa! -
Immediatamente sentirono l’abbaiare gioioso del cane che li diresse all’apertura nascosta. Ai piedi del pendio, Re Leon, avvisato da Lionella, li stava già aspettando.
Grande fu il suo stupore quando vide la fiumana di gente che scendeva verso la sua valle. C’erano tutti gli abitanti di Gooselander, con i loro cavalli e cani e pecore!!!
A Lionlander quel giorno fu festa indimenticabile. Ognuno scoprì di avere una casa ad attenderlo, uguale a quella che aveva lasciato e pronta ad accoglierlo. E grande fu la felicità di tutti nel ritrovare il loro legittimo re.
Guardando tutta la sua gente che, serena, si sistemava nelle nuove case, Re Leon capì che non ci sarebbe stato bisogno di combattere per riavere il suo regno. Lui aveva già il suo regno, era lì, era quello, c’erano tutti!!!!
Quella sera stessa volle ricompensare ufficialmente Sebastiano, nominandolo cavaliere. E, riconoscendo in Leonora la cuginetta con cui era cresciuto insieme alla corte di suo padre, la invitò a vivere al castello con tutti gli onori, restituendole tutto ciò che era stato tolto a lei e alla sua famiglia quando Rodolfo aveva usurpato il trono.
E Gooselander?
Quando, la mattina dopo, il Tiranno si svegliò scoprì che in paese non era rimasto nessuno, se non i suoi briganti. Non c’era più nessuno da tiranneggiare, nessuno a cui rubare il raccolto.
Uscì dalla reggia per capire che fare ma le oche, che intanto si erano organizzate, lo attaccarono e costrinsero lui e i suoi sgherri a lasciare il paese!
Così Gooselander tornò alle oche, Corrado il Tiranno sta scappando ancora adesso e a Lionlander tutti vissero per sempre felici e contenti!!!
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Mar Gen 07, 2014 2:55 pm Da CORRY
» HOLIDAYS IN THE TIME OF CRISIS
Mar Ago 27, 2013 3:37 pm Da CORRY
» DESPERATELY SEEKING SISSI' !!!!
Mer Apr 03, 2013 4:07 pm Da Il Terrore dei Sette Mari
» FILASTROCCHE
Mar Mar 12, 2013 12:11 am Da chihiro
» CORRY HA VO-TA-TO !
Gio Mar 07, 2013 9:02 am Da CORRY
» FAVOLESCION SPAZIALE
Mar Gen 29, 2013 3:39 pm Da katrina
» A VOLTE RITORNANO .....
Mar Gen 29, 2013 10:45 am Da JTKIRK
» FINALE N2 MEGLIO TARDI CHE MAI!!!!!!!!!!!!
Lun Nov 12, 2012 1:16 pm Da katrina
» MR CROCODILE CORRY ! PART SIX
Ven Set 21, 2012 2:03 pm Da katrina